Cos’è il GamePlan?

Introduzione: perché serve un metodo

Se sei un Tech CEO o un founder, conosci bene la pressione che arriva dal dover trasformare la tecnologia in leva di crescita per l’azienda. Da una parte hai gli stakeholder che chiedono risultati chiari, sia dal punto di vista business che tecnologico, dall’altra i team che ogni giorno affrontano mille urgenze e imprevisti.

E se sei un CTO o un Tech Leader, vivi lo stesso paradosso da dentro: roadmap che cambiano in continuazione, progetti che si accumulano e un calendario pieno di riunioni che tolgono tempo a quello che davvero conta.

In entrambi i casi il problema è lo stesso: la mancanza di metodo. Non basta avere talento tecnico o visione strategica, serve un sistema che trasformi la complessità in chiarezza e che permetta di guidare la funzione tech con impatto.

È da qui che nasce il GamePlan, il sistema operativo che ho sviluppato e descritto nel mio libro Vincere nel Tech. È il risultato di anni vissuti in prima linea come imprenditore tech, CTO, founder e advisor, e serve a risolvere proprio questo: riportare ordine, allineamento e responsabilità in organizzazioni dove la tecnologia rischia di diventare un caos ingestibile.

Cos’è il GamePlan

Il GamePlan è un sistema operativo manageriale per la leadership tech, pensato prima di tutto per chi deve guidare dall’alto – Tech CEO e founder – e poi per i CTO e i Tech Leader che traducono la visione in azione.

Lo chiamo “sistema operativo” perché non è un progetto isolato o una metodologia rigida, ma un meccanismo continuo che tiene insieme visione, execution e cultura. Come un OS fa funzionare le applicazioni in modo coordinato, così il GamePlan permette a persone, processi e piattaforme di muoversi verso obiettivi comuni.

Il GamePlan scandisce il lavoro in cicli di 90 giorni, con momenti di analisi, pianificazione e riallineamento. Non è un documento che resta chiuso in un cassetto, ma un processo vivo che guida costantemente decisioni e priorità. È lo strumento che ti consente di trasformare le richieste del board e le sfide del mercato in iniziative concrete che il team può eseguire.

I principi del GamePlan

Alla base del GamePlan ci sono quattro principi chiave che ho visto fare la differenza in decine di aziende tecnologiche:

  • Allineare strategia e operatività. Un Tech CEO non può permettersi che i team vadano in direzioni diverse da quella del business. Con il GamePlan, la visione aziendale si traduce in azioni quotidiane, con un filo diretto che collega boardroom e team di sviluppo.
  • Definire poche priorità chiare. Troppi progetti e iniziative frammentano le energie. Il GamePlan impone disciplina: scegliere ciò che conta davvero, concentrarsi lì e avere il coraggio di dire no al resto.
  • Creare accountability diffusa. Ogni iniziativa ha un responsabile chiaro. Questo non serve a colpevolizzare, ma a garantire che nessuna attività rimanga senza un “owner”. È una cultura di trasparenza che rassicura il board e responsabilizza i team.
  • Ritmo e continuità. Lavorare a cicli di 90 giorni permette di mantenere un passo costante. Non si inseguono urgenze infinite, ma si procede per obiettivi chiari, misurabili e condivisi.

Questi principi fanno del GamePlan qualcosa di diverso da un “altro framework” o dall’ennesima metodologia agile: è un modo per guidare la funzione tecnologica con metodo, chiarezza e impatto, adatto tanto a chi costruisce prodotti quanto a chi offre servizi.

Le componenti principali del GamePlan

Quando dico che il GamePlan è un “sistema operativo”, intendo che è fatto di meccanismi che girano in loop e che si alimentano a vicenda. Le quattro componenti sono pensate per funzionare insieme, con ruoli chiari, input e output misurabili. Le descrivo come le applico in azienda, sia in realtà di prodotto sia in aziende di servizi.

GamePlan Check Up

È la fotografia iniziale. Qui misuro dove siamo davvero, non dove pensiamo di essere. Lo scopo è far emergere i blocchi strutturali che impediscono alla funzione tech di generare valore.

  • Cosa analizzo: strategia e priorità, architettura e piattaforme, processi e flussi di delivery, dati e osservabilità, competenze e ruoli, governance e sicurezza, debito tecnico e rischi operativi.
  • Come lo conduco: interviste brevi ma mirate con decision maker e “doers”, analisi dei flussi (dallo scope alla messa in produzione), lettura dei KPI disponibili, review dei ticket e dei post-incident.
  • Output: un Report di Check Up che non è un paper accademico, ma una mappa di problemi e leve. Dentro ci sono le priorità a 90 giorni, i rischi critici, gli snodi decisionali e i primi KPI di direzione.
  • Perché serve: senza una diagnosi onesta, il resto del sistema si riduce a buone intenzioni. Il Check Up costruisce un linguaggio comune tra CEO/founder, CTO e team.

Per le aziende di prodotto spesso qui scopro conflitti tra roadmap marketing/sales e capacità reale del team. Per le aziende di servizi emergono colli di bottiglia ricorrenti su discovery, stime e gestione ambienti multi-cliente.

GamePlan Workshop

È la sala macchine dove trasformiamo la diagnosi in un piano eseguibile. Non è brainstorming creativo: è allineamento chirurgico su poche scelte ad alto impatto. Normalmente, il GamePlan Workshop include il GamePlan Check Up stesso.

  • Partecipanti: Tech CEO/founder, CTO/VP Engineering, product/ops, a volte finance e customer success. Troppi partecipanti uccidono la decisione; pochi la rendono fragile.
  • Cosa produciamo:
    • 3–5 iniziative (non 15) in forma di Key Initiative Plan con definizione del risultato atteso, owner e metriche di esito.
    • Un percorso a 90 giorni con milestone reali e criteri di stop/go.
    • Una Decision Log: scelte prese, alternative scartate, ragioni. Torna utile quando la realtà bussa forte.
  • Strumenti: matrice impatto/complessità, mappa dei rischi, policy di priorità (cosa non facciamo), backlog di lavoro “a capienza controllata”.

Nel prodotto, il Workshop chiude il divario tra desiderata di mercato e capacità ingegneristiche. Nei servizi, allinea vendite e delivery, evitando promesse non eseguibili e scope creep.

Key Initiative Plan (KIP)

Il cuore operativo del GamePlan sono i Key Initiative Plan, i piani che traducono la strategia in azioni eseguibili.

Dopo aver identificato le iniziative chiave a 90 giorni durante il Workshop, ciascuna iniziativa viene documentata in un KIP. Non è un backlog infinito, ma un piano sintetico che risponde a domande precise:

  • Qual è l’obiettivo dell’iniziativa? (il risultato atteso, non l’output).
  • Chi ne è l’owner? (una persona sola, con responsabilità chiara).
  • Quali milestone definiscono il progresso?
  • Quali rischi e vincoli vanno esplicitati?
  • Come misuriamo il successo? (metriche di outcome, non solo di delivery).

Il KIP ha due funzioni:

  1. Allineare le aspettative: board, CEO/founder, CTO e team leggono lo stesso documento e sanno cosa aspettarsi.
  2. Guidare l’esecuzione: il KIP diventa la base di riferimento durante le Session, dove si misurano i progressi e si prendono decisioni di stop/go.

In pratica, il KIP evita che le iniziative restino concetti vaghi o promesse astratte. Ogni progetto critico ha un piano breve, leggibile e responsabile che ne garantisce la realizzazione.

GamePlan Session

È il ritmo che tiene tutto vivo. Sessione periodica (es. trimestrale) di 60–90 minuti. Qui non si “racconta” il periodo passato: si governa la rotta.

  • Ciclo: progressi sulle 3–5 iniziative, impedimenti e decisioni, ricalibro delle priorità, nuove azioni con owner e risultato atteso.
  • Regole: timebox, numeri prima delle opinioni, problemi portati con contesto e proposta, niente “todo” senza owner.
  • Perché funziona: riduce la latenza decisionale, taglia riunioni inutili, crea memoria organizzativa. Ed è qui che il CEO/founder vede il metodo all’opera senza scendere nel micro-management.

In questa fase si revisionano i Key Initiative Plan e, se necessario, se ne producono di nuovi.

GamePlan Advisory

È l’accompagnamento che fa parte del nostro GamePlan Program. Nelle fasi complesse, un advisor esterno (noi stessi come Axelerant in quanto creati del metodo o uno dei nostri advisor certificati) accelera la maturazione del sistema.

  • Cosa faccio in Advisory: facilito i Workshop, rendo le Session efficaci, alzo lo standard decisionale, porto template e policy già testate, aiuto a costruire il “ponte” tra strategia e piattaforme.
  • Quando serve: passaggi di scala, ristrutturazioni, adozione AI e platformization, post-incident seri, start/stop di programmi multi-team.

In sintesi: Check Up chiarisce, Workshop decide, Session esegue, Advisory fa crescere il sistema. È un loop continuo, non un progetto una tantum.

Perché il GamePlan è diverso da altri framework

Ho visto molte aziende sperimentare strumenti noti, ognuno utile ma incompleto se usato da solo. Il GamePlan non li sostituisce: li orchestri.

Non è solo Agile/Scrum

Agile ottimizza il come consegni pezzi di lavoro. Il GamePlan chiarisce cosa ha senso consegnare e perché adesso. Senza un livello superiore, backlog e sprint si riempiono di output che non spostano gli outcome.

Non è solo OKR

Gli OKR danno un linguaggio per gli obiettivi. Il GamePlan definisce le decisioni per raggiungerli, le rinunce da mettere nero su bianco e il ritmo per mantenerle. Spesso integro OKR dentro il GamePlan, mai al posto del GamePlan.

Non è project management tradizionale

Gantt e PERT sono utili per coordinate e dipendenze. Ma quando il contesto cambia, il piano si rompe. Il GamePlan nasce per la variabilità: lavora su finestre a 90 giorni, riduce il WIP, decide cosa tagliare quando le condizioni cambiano.

Non è solo “operating system” alla EOS/Traction

Apprezzo EOS per ritmo e accountability. Il GamePlan aggiunge il pezzo tecnico che in molte aziende è il vero fattore critico: architetture, piattaforme, debito tecnico, sicurezza, dati, affidabilità. Senza questo, il rischio è fare execution perfetta di scelte tecnicamente sbagliate.

Cosa rende unico il GamePlan

  • Catena di chiarezza end-to-end: board → priorità → piattaforme → team → risultati.
  • Rinuncia esplicita: non solo cosa facciamo, ma cosa non facciamo nei prossimi 90 giorni.
  • Decisioni loggate: meno riscritture della storia, più apprendimento.
  • Compatibilità verticale: si adatta a prodotto e servizi, single-team e multi-team, fase seed o post-scale.

Quando non usare il GamePlan

  • Se l’organizzazione rifiuta la trasparenza.
  • Se il CEO vuole “più output” senza scegliere priorità.
  • Se la governance non accetta di scrivere rinunce e vincoli.In questi casi qualunque metodo fallisce; la resistenza culturale va affrontata prima.

Benefici per i Tech Leader (e per l’azienda)

Parlo di benefici che vedo misurare in modo ricorrente. Alcuni sono tecnici, altri organizzativi, tutti leggibili dal board.

Per Tech CEO e Founder

Uno dei benefici più forti che i CEO e i founder percepiscono dal GamePlan è la prevedibilità. Grazie ai Key Initiative Plan, ogni iniziativa critica non è più un titolo generico su una roadmap, ma un piano chiaro con obiettivi, milestone e responsabilità. Questo riduce drasticamente le ambiguità con il board e con gli investitori: non si parla più di feature o progetti in modo vago, ma di risultati concreti, misurabili e tracciati.

In più, i KIP garantiscono controllo senza micro-management. Il CEO non deve seguire ogni dettaglio operativo, perché il KIP sintetizza tutto ciò che serve: obiettivo, owner e stato di avanzamento. Basta leggere i KIP per capire a che punto è l’azienda e se serve intervenire.

  • Prevedibilità: ogni 90 giorni sai cosa sta accadendo, perché e con quali trade-off. La latenza decisionale si accorcia.
  • Controllo senza micro-management: visibilità sugli outcome e sulle scelte critiche, non sulle ore lavorate.
  • Allineamento cross-funzione: prodotto, vendite, delivery e finanza operano con lo stesso set di priorità.
  • Qualità del capitale investito: meno POC che muoiono, più iniziative che arrivano a valore.

Metriche tipiche: riduzione del WIP > 30%, decision latency –40/60%, adherence roadmap trimestrale +20/+40 p.p., variazione positiva su burn variabile e margini di contribuzione nelle aziende di servizi.

Per CTO e Tech Leader

Per un CTO o un VP Engineering, i KIP sono la risposta al problema eterno del backlog infinito. Invece di trovarsi sommersi da ticket e richieste frammentarie, il CTO lavora su poche iniziative ad alto impatto, ciascuna incorniciata in un piano preciso. Questo rende più facile dare priorità, gestire i compromessi e motivare il team.

I KIP diventano anche uno strumento di accountability diffusa: ogni iniziativa ha un owner riconosciuto, e questo responsabilizza le persone senza lasciare spazi grigi. Durante le Session, il progresso di ciascun KIP è discusso apertamente, creando trasparenza e fiducia reciproca.

  • Focalizzazione: backlog sgrassato, meno contese, più lavoro che arriva in produzione.
  • Debito tecnico sotto controllo: tracking esplicito, finestre dedicate e policy di stop/go quando i rischi superano la soglia.
  • Team più forti: responsabilità chiare, meno handoff caotici, più autonomia reale.
  • Relazione sana con il board: conversazioni su rischi, alternative e numeri, non solo su “quando è pronto?”.

Metriche tipiche: lead time –20/40%, tasso di rework –25/35%, incidenti critici –30/50%, tempo medio di ripristino (MTTR) –20/40%, adoption di practice d’osservabilità +50% in 2–3 trimestri.

Per i team

Dal punto di vista dei team, i KIP eliminano molta della frustrazione legata a obiettivi nebulosi o in continuo cambiamento. Finalmente si lavora con un perimetro chiaro, con milestone raggiungibili e un obiettivo leggibile. Questo aumenta il senso di ownership e riduce lo stress da “urgenze improvvise”.

Effetti sistemici su prodotto e servizi

  • Prodotto: roadmap meno “a desiderata”, più “a outcome”. Meno feature mai usate, più iterazioni guidate da dati.
  • Servizi: promesse commerciali allineate alla capacità reale; gestione ambienti e rilasci standardizzata; SLA rispettati.

Cosa cambia nella quotidianità

  • Le riunioni diminuiscono perché la Session assorbe coordinamento e scelte.
  • Le escalation diventano eccezioni, non la normalità.
  • Le priorità non si negoziano ogni due giorni: si rivedono nel momento previsto dal ciclo.
  • I successi sono replicabili, non frutto di “eroismi”.

Esempio pratico

Un’azienda di servizi IT con circa 60 persone stava affrontando un problema classico: ogni reparto prometteva cose diverse ai clienti e il CTO si ritrovava con un backlog ingestibile, dove convivevano attività strategiche e micro-task operativi. Il risultato era paralisi: tutto era urgente, niente era prioritario.

Durante il GamePlan Workshop sono state identificate quattro iniziative critiche per i successivi 90 giorni: il lancio di un nuovo servizio gestito, la riduzione dei tempi medi di delivery, l’ottimizzazione della pipeline commerciale e il miglioramento della qualità del supporto clienti. Per ciascuna iniziativa è stato creato un Key Initiative Plan.

Nel KIP sul nuovo servizio gestito, ad esempio, erano chiariti:

  • l’obiettivo (“lanciare entro 90 giorni un’offerta pilota a tre clienti target”),
  • l’owner (Head of Service Delivery),
  • tre milestone concrete (definizione pacchetto, primi contratti, primo rilascio),
  • i rischi espliciti (capacità di supporto, pricing, SLA).

Nelle GamePlan Session successive, i KIP sono stati usati come punto di riferimento: ogni due settimane si misurava l’avanzamento, si discutevano i blocchi, si prendevano decisioni di stop/go. Il risultato è stato duplice: il servizio è stato lanciato entro i tempi e, ancora più importante, il team ha visto per la prima volta un metodo chiaro per portare avanti progetti complessi senza disperdersi.

In questo caso i KIP hanno agito da spina dorsale del GamePlan: senza di essi, le iniziative sarebbero rimaste slogan; con essi, sono diventate risultati concreti.

FAQ del GamePlan

Il GamePlan è utile solo alle grandi aziende tech?

No. Anzi, spesso sono proprio le PMI tecnologiche (sia di prodotto che di servizi) e le startup a trarne i benefici maggiori. Con meno risorse e meno margini di errore, avere un metodo che chiarisce priorità e responsabilità fa la differenza tra crescere in modo sano e bruciare energie inutilmente.

Quanto tempo serve per adottare il GamePlan?

Il GamePlan non richiede anni di implementazione. Già dal primo GamePlan Check Up emergono chiarezza e priorità concrete. Con il primo ciclo di 90 giorni e l’uso dei Key Initiative Plan, i benefici diventano visibili sia al board sia ai team.

Chi deve essere coinvolto nel GamePlan?

Dipende dal contesto. In un’azienda di servizi, tipicamente CEO/founder, CTO, responsabili delivery e commerciale. In una realtà di prodotto, CEO/founder, CTO, product owner e responsabili operativi. La regola è che il nucleo decisionale partecipi fin dall’inizio: il metodo non funziona se resta confinato all’IT.

Il GamePlan è compatibile con Agile o con gli OKR?

Sì. Agile governa il “come” del lavoro quotidiano, gli OKR aiutano a fissare obiettivi di alto livello. Il GamePlan orchestri entrambi, dando coerenza: decide “cosa” ha senso fare e “perché ora”, fornendo un ponte tra strategia e delivery.

Il GamePlan funziona anche in contesti non tech?

Nasce per le aziende tech, ma i suoi principi sono applicabili anche alle aziende non tech ma che hanno all’interno reparti tech.

Conclusione

La tecnologia oggi è troppo importante per lasciarla al caso. Se sei un Tech CEO, un founder o un CTO, sai che guidare il tech significa muoversi tra pressioni opposte: richieste dal mercato, esigenze del board, bisogni dei team. Senza metodo, tutto si traduce in caos.

Il GamePlan è la risposta a questo caos. È un sistema operativo manageriale che ti permette di trasformare obiettivi astratti in azioni concrete, di guidare con chiarezza e di creare fiducia attorno alla funzione tech.

Attraverso il Check Up, il Workshop, i Key Initiative Plan, le Session e l’Advisory, costruisce un ciclo continuo che tiene viva la direzione e produce risultati misurabili.

In un’epoca in cui la tecnologia decide la sorte delle aziende, il GamePlan non è un lusso: è una necessità per chi vuole davvero vincere nel tech.

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