Le tendenze tecnologiche del 2018 che non puoi ignorare

Il 2018 non è esattamente quello che pensavo sarebbe stato.

Dove sono le macchine volanti e le scarpe che si allacciano da sole che ci sono state promesse?

Di solito analisi come queste vengono pubblicate all’inizio dell’anno, tuttavia ho aspettato qualche settimana per pubblicare questo articolo innanzitutto perché ad oggi non ha più molto senso prevedere in modo esatto le tendenze tecnologiche nel digitale per un anno intero, e poi per vedere se nel frattempo qualcuno se ne usciva con uno di questi aggeggi.

Ho aspetto invano. L’assenza di queste meraviglie ci dimostra che il futuro è imprevedibile, e nel modo in cui sta evolvendo può anche creare grandi ansie, come il timore di vedersi sostituire il proprio posto di lavoro con un’intelligenza artificiale o ai cambiamenti di vasta scala e repentini nel modo in cui l’intera economia sarà strutturata.

Si può provare ad analizzare i dati e a prevedere cosa bisogna fare nel prossimo anno, ma il successo si basa su qualcosa di più rispetto a ciò che è sotto i propri occhi.

Indipendentemente dai risultati passati, un nuovo canale, una nuova legge, una nuova tecnologia o un nuovo concorrente possono arrivare senza preavviso e ribaltare anche i piani migliori.

Ecco perché è necessario mantenere il polso sulla situazione del proprio settore ed essere in grado di prevedere non solo il comportamento dei propri clienti, ma anche le tendenze in arrivo e le nuove strategie da adottare.

Questa non è la prima volta che presento le mie previsioni a riguardo delle tendenze dell’IT digitale che avranno il maggior impatto nei prossimi mesi, ma negli ultimi anni ne ho solo parlato privatamente con clienti e colleghi più che presentare delle previsioni perché ho preferito concentrarmi sulle tendenze dove in qualche modo già stavo lavorando più che su generiche visioni del futuro.

Per evitare di annunciare a mia volta l’arrivo delle macchine volanti, ho quindi basato questa ricerca su ciò che le aziende con cui lavoro iniziano, più o meno dietro le quinte, a valutare o a sperimentare, se non quando proprio a basare i nuovi investimenti.

Non si tratta quindi del solito elenco di banali previsioni che immancabilmente l’anno successivo si dimostrano “vaporware”, pubblicate il più delle volte per darsi un tono e farsi vedere più esperti di quello che si è, ma di aspetti tecnologici reali che non puoi assolutamente ignorare se non vuoi rimanere schiacciato dalla concorrenza e dal progresso tecnologico.

Ecco quelle più importanti per i prossimi mesi, divise in base alle aree di ricerca principali in Axelerant. Alcune hanno conseguenze immediate o a breve termine (come la GDPR), altre sono invece di medio/lungo termine ma richiedono comunque di iniziare ad attrezzarsi fin da ora.

AdTech e Digital Media

L’advertising nel digitale è stato troppo invasivo per troppo tempo e quest’anno il settore AdTech soffrirà parecchio, come già sta accadendo.

Ho visto in prima persona interi digital media che basavano la maggior parte dei propri introiti su un eccesso di formati pubblicitari fallire in modo eclatante, falcidiati dagli algoritmi di Google (e dagli stessi lettori sempre più infastiditi) che in modo sempre più incisivo privilegiano la qualità dei contenuti e penalizzano fattori come la pochezza nell’esperienza utente e la pervasività delle inserzioni.

Come se non bastasse, il sempre maggior uso degli AD blocker (ora persino integrati e attivi di default dentro Google Chrome), l’aggiunta di nuove funzionalità per proteggere la privacy come quelle delle ultime versioni di iOS e Safari (una vera mazzata al retargeting smodato) e i nuovi requisiti in arrivo della GDPR danneggeranno notevolmente il settore dell’AdTech e del programmatic advertising, in particolar modo in quelle parti che non basano la relazione con gli utenti sulla trasparenza dei dati.

Tutto ciò mentre le grandi aziende tech come Google e Facebook a malapena si accorgeranno di tutti questi problemi e continueranno a dominare il mercato, come già stanno facendo.

Basta vedere quello che è successo con il crollo del traffico organico per i digital media nel newsfeed di Facebook, che si sono quindi visti segare quella che in molti casi è l’unica gamba sulla quale poggiavano.

Mai dipendere da un solo formato o canale per assicurarsi traffico in ingresso (per gli editori) e generazione di lead (per le aziende).

Altrettanto preoccupante è la notizia che il maggior aumento di traffico mobile per questi stessi digital media proviene in quest’ultimo periodo dalle pagine in formato AMP: l’aumento di traffico è in sé positivo e più o meno bilancia quello perso tramite Facebook, ma costringe i publisher a cedere un’altra grossa fetta del proprio potere a Google, che controlla interamente il canale e l’esperienza delle AMP.

Contemporaneamente, soprattutto su mobile potremmo assistere all’introduzione di nuovi formati non fastidiosi come lo sono invece quelli attuali.

Gli utenti mobile continuano infatti ad associare la pubblicità ad una customer experience negativa, ancor più che nella navigazione da desktop.

Questo porterà i brand più innovativi ad essere maggiormente creativi nel modo in cui pubblicizzeranno se stessi, alzando notevolmente la barra nelle aspettative degli utenti e costringendo i concorrenti a competere sull’esperienza complessiva piuttosto che sul messaggio o sulla brand awareness veicolati dai vecchi formati pubblicitari.

GDPR

Questa non è una vera e propria previsione, ma una certezza: la GDPR, che è il nuovo regolamento sulla privacy a livello europeo, è infatti dietro l’angolo con la sua entrata in vigore il 25 maggio 2018.

Ci sono ricerche di mercato come quella della Forrester che affermano che ben l’80% delle aziende non sarà in regola per quella data, che tuttavia non rappresenta un punto di arrivo ma un punto di partenza.

Anche se ci sono multe severe in caso di inadempienza, la GDPR non va infatti presa come una minaccia o solo come una serie di noiosi adempimenti burocratici, ma come un’opportunità per stabilire una nuova relazione più sana con i propri utenti in tema di trasparenza e qualità dei dati, che tra l’altro è proprio ciò che serve nel settore AdTech come evidenziato nel capitolo precedente.

Soprattutto dopo le prime sentenze in materia che quasi certamente ci saranno nei mesi successivi, che saranno di aiuto nel chiarire gli aspetti più fumosi e meno definiti di questa nuova normativa, si profileranno delle opportunità per le aziende più lungimiranti per ripristinare la fiducia con i propri clienti e utenti e al contempo innovare prodotti, servizi e modelli di business basati sull’uso di dati a larga scala.

Nel frattempo, il primo passo è trovare uno studio legale specializzato e aggiornato in materia, metterlo assieme al tuo reparto IT e al tuo reparto marketing, per poi farli lavorare per sistemare ciò che va cambiato per essere in regola.

BlockChain

Assieme all’Intelligenza Artificiale, quello della BlockChain è diventato un argomento in pieno Hype che sta attraendo investitori e aziende, e per questo motivo anche quella massa di consulenti e altri personaggi che cercano di intercettarne il flusso di denaro.

Attenzione quindi ai buffoni della BlockChain. E’ incredibile vedere in questi ultimi mesi, ma soprattutto settimane, quanti ciarlatani, che so essere perfettamente tali avendone spesso misurato le competenze e averne visto in diretta i disastri, siano diventati dei sedicenti BlockChain/ICO/CryptoCurrency Guru/Advisor/Maestro/Enthusiast/ecc. (combinare a piacimento).

Detto questo, quando si parla di BlockChain, la maggior parte delle persone lo associano ai BitCoin ma non hanno idea di cosa sia di preciso.

Sebbene la BlockChain sia la base tecnologica per le criptovalute (che a loro volta sono asset digitali che agiscono come mezzo di scambio, basati sulla crittografia per renderne sicure le transazioni), si tratta in realtà di uno strumento dalle ampie possibilità di utilizzo che serve a strutturare e salvare i dati in modo sicuro.

Quando parlo di ampie possibilità, non mi riferisco quindi al solo mercato finanziario. Ci sono molti altri settori che possono beneficiarne, come quello della salute, dell’energia, dell’ospitalità, dell’intrattenimento, ecc.

Questo è l’anno in cui la BlockChain potrebbe trovare la sua applicazione in modo concreto al di fuori del contesto dei Bitcoin e simili.

Quando viene infatti utilizzata come “libro mastro distribuito” (questa è la definizione ormai consolidata), la BlockChain consiste in una serie di blocchi di dati (o transazioni) concatenati tra di loro in modo decentralizzato, senza quindi un’autorità centrale.

E’ proprio questo il punto: consentire la condivisione nel cloud di quel libro mastro distribuito tra aziende o altre entità, senza dare a nessuna di esse il potere di contraffarlo, ha implicazioni molto profondenel momento in cui le informazioni sulla provenienza di beni e servizi, sull’identità, sulle credenziali e sulla proprietà digitale possono essere immagazzinate e condivise in modo sicuro.

Non è detto che le criptovalute siano necessariamente il futuro (come si può vedere anche dai crolli del mercato), ma sembrerebbe che la BlockChain possa esserlo e penso che nel 2018 inizierà a dimostrare la propria utilità.

In particolare aumenteranno le applicazioni decentralizzate e i protocolli basati sulla tokenizzazione. Ci sono già team composti da persone molto serie che si stanno rimboccando le maniche nel risolvere una serie di problemi reali, basandosi sulle caratteristiche delle tecnologie legate alla BlockChain.

Questo a sua volta può avere importanti implicazioni nell’intelligenza artificiale: gli sviluppatori sperimenteranno sempre di più combinando AI e BlockChain, ad esempio per mediare l’interazione tra singole AI e la condivisione dei dati.

Intelligenza Artificiale

Passando proprio al tema dell’Intelligenza Artificiale, anche questo argomento rischia di essere percepito come una notizia ormai vecchia, soprattutto dagli utenti.

Basti pensare ai vari Siri, Alexa, Cortana, chatbot, motori di raccomandazione, robot e simili. Ne abbiamo sentito parlare tutti e nel 2017 abbiamo anche visto l’AI iniziare ad espandersi da questi settori a tutti gli altri.

In termini aziendali, tuttavia, siamo solo agli inizi e c’è ancora un enorme potenziale da realizzare, oltre a quello già intravisto in tecnologie come Watson della IBM e simili.

Ad esempio, l’IA verrà impiegata sempre di più dalle aziende nei prossimi mesi per connettersi e comunicare con i propri clienti, in modi in cui questi ultimi potrebbero anche non rendersi conto, e questo avverrà in ogni aspetto aziendale: servizio clienti, marketing, finanze, ecc.

Vedremo un uso sempre più spinto, economico e veloce dell’automazione in cose come la generazione dei contenuti, email personalizzate, così come alla stessa produzione industriale. Ad esempio, la Marketing Automation sarà ancora di più… automatica.

Tutto ciò porterà a far sì che il modo (o meglio, i modi) in cui l’AI verrà utilizzata in azienda influenzerà la stessa esperienza del brand che ne avranno i clienti e i consumatori.

Cyber Security

Sempre legato al tema dell’Intelligenza Artificiale c’è quello della sicurezza, che di suo non è certo un argomento nuovo ma lo diventa nel momento in cui sempre di più gli attacchi utilizzeranno tecnologie basate sul machine learning.

Ad esempio, utilizzando chatbot, algoritmi per il riconoscimento del linguaggio, attacchi alle password ancor più intelligenti, presa in ostaggio di dispositivi connessi alla rete (ancora un punto dolente in ambito Internet of Things) o altri sistemi che si possono adattare rapidamente per evitare di essere riconosciuti.

A sua volta, gli stessi sistemi per assicurare la sicurezza useranno sempre di più l’Intelligenza Artificiale per contrastare questo tipo di attacchi.

Cloud

Non è solo ciò che facciamo con il cloud a cambiare (pensa alla BlockChain, al Machine Learning, all’Internet of Things, ecc.) ma anche come usiamo il cloud è a sua volta in evoluzione.

Una di queste evoluzioni è quella dei cosiddetti “container”, usati ormai da vari anni ma che stanno cambiando considerevolmente il panorama del cloud.

Quest’anno, anche per via di alcuni errori strategici dell’azienda che sta dietro a Docker, vedremo sicuramente il prevalere di Kubernetes come tecnologia di riferimento nell’ambito della gestione dei container.

Sempre nei prossimi mesi, questo porterà ad un’adozione massiccia di questa piattaforma da parte delle aziende, che lo useranno in modo serio per le applicazioni in ambiente di produzione.

Un’altra evoluzione fondamentale, che avrà un impatto anche nei prossimi anni, è quella relativa al modo in cui gli sviluppatori utilizzeranno il cloud e distribuiranno le loro applicazioni.

Anche se ci sono una serie di considerazioni da non sottovalutare sui costi e su altri temi di natura strettamente tecnica, i concetti di “Serverless” e “Functions-as-a-Service” cambieranno profondamente l’architettura delle applicazioni software sul cloud, ne semplificheranno l’uso e ridurranno le barriere all’ingresso per gli sviluppatori.

Da questo punto di vista, il cambiamento è notevole e si può fare un parallelo con il momento in cui a partire da una ventina di anni fa linguaggi come il PHP hanno semplificato notevolmente lo sviluppo delle applicazioni web rispetto ai più impegnativi e “pesanti” paradigmi precedenti, impattando enormemente e in modo positivo e aprendo le porte della programmazione a molte più persone. Non sempre con livelli qualitativi eccezionali, a dir la verità, ma sbloccando comunque una grande crescita dell’economia digitale.

Questo infatti a sua volta farà sì che i programmatori si trasformeranno sempre di più in “costruttori”e che anche figure tradizionalmente non del settore potranno scrivere e gestire operativamente le proprie applicazioni, grazie anche agli avanzamenti indicati sopra in termini di intelligenza artificiale e Machine Learning che verranno usati per scrivere parte dello stesso codice.

Anche gli ambienti di sviluppo (IDE) contribuiranno a semplificare ulteriormente lo sviluppo software in questa direzione e ad essere sempre più integrati con la pipeline di deployment.

Già ora sono ad esempio disponibili IDE sul cloud integrati con le piattaforme come AWS, per facilitare il ciclo di sviluppo riducendo alcuni limiti nell’impiego delle infrastrutture IaaS in ambiente di sviluppo.

Il modello Serverless a sua volta faciliterà la scrittura, il deployment e persino la migrazione delle applicazioni, contribuendo ad ulteriori evoluzioni nei ruoli adibiti alle Operations.

Conclusioni

Tutte le tendenze portano ad una sola conclusione: ogni azienda, digitale o no, deve operare ormai come se fosse un’azienda digitale nativa.

Non è una frase mia, ma le aziende saranno sempre di più delle imprese tecnologiche che si occupano di un certo business, piuttosto che il contrario.

Alcuni vecchi clienti, quando ho cercato di fargli capire l’importanza della tecnologia nel digitale, hanno derubricato sia me che Axelerant a pure “commodity”. Peccato che poi queste stesse aziende siano fallite.

Molte di queste tendenze sono quindi un promemoria del naturale, continuo cambiamento dell’IT.

Bisogna però prepararsi ad un anno di cambiamenti particolarmente rapidi nelle tecnologie che abilitano il business, che non faranno che accelerare ulteriormente nei prossimi mesi e anni.

Questi sconvolgimenti in arrivo hanno il potere di decretare un enorme successo nel digitale, o un fallimento ancora più grande.

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